C’era una volta Jianwei Xun, il filosofo visionario di Hong Kong che con il suo saggio “Ipnocrazia” scuoteva le fondamenta del pensiero moderno. La sua tesi? Il potere, nell’era digitale, non impone più: ipnotizza.
Ma ecco il colpo di scena: Jianwei Xun non esiste. Non un volto, non una voce, non una mano che ha scritto quelle pagine. Era un’idea, un esperimento sottile tra umano e artificiale, nato per incarnare e analizzare la manipolazione narrativa.
Nel nuovo episodio del GEMPodcast, Fabio Mattis e Gabriele Polla Mattiot svelano il peso di questa storia. Non un inganno, ma un’esplorazione profonda di come la credibilità si costruisce oggi. “Ipnocrazia” non è solo un libro: è un teatro invisibile, una performance dove le storie prendono il controllo e il lettore diventa parte dello spettacolo.
Parlano di figure come Trump e Musk, moderni “sacerdoti” della realtà modulabile, e degli algoritmi che sussurrano verità alternative. E persino il nuovo Papa, Leone XIV, ha toccato il tema dell’Intelligenza Artificiale nei suoi primi discorsi.
La domanda rimane sospesa:
- Conta più l’autore o la sua opera?
- Conta più la verità o la narrazione che scegliamo di accettare?
Questo episodio del GEMPodcast non è solo un resoconto. È un invito ad aprire gli occhi, a osservare il sottile gioco di prestigio che modella ciò che chiamiamo realtà.
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